Batman è senza dubbio il mio supereroe preferito.
Ricco, forte, sempre accompagnato da donne bellissime, intelligente e…umano.
Si è il vero superuomo; se non si vuol scomodare Nietzsche (benché Bruce Wayne possa in un certo senso rappresentare la sintesi tra la volontà di uscire dal nichilismo passivo e la spinta a entrare nel nichilismo attivo, dalla persistenza di un atteggiamento rinunciatario nei confronti del mondo alla volontà di superare i dolori del passato per la morte dei genitori) lui rappresenta l’uomo che con con le sue forze riesce a diventare il simbolo di un mondo nuovo che non vuole piegarsi alla corruzione e al degrado, che si spinge a trovare in se stesso la forza per agire.
Batman è anzitutto un uomo, non ha superpoteri acquisiti dal morso di un ragno o perché è venuto da un altro pianeta, lui è semplicemente un uomo che decide di combattere con tutte le sue paure per i suoi concittadini, perfetti sconosciuti ma allo stesso tempo moralmente obbligato ad occuparsi di loro.
Batman oscilla costantemente tra il lutto non risolto dei propri genitori e l’angoscia per il grosso senso di colpa per non fare abbastanza.
Lui fa proprio il concetto, attualissimo, di resilienza senza mai arrivare ad accettarlo pienamente.
Bruce Wayne si nasconde dietro la personalità di un ricco figlio di famiglia, viziato e cresciuto nel benessere, che se da una parte può fare invidia dall’altra rappresenta uno stereotipo troppo lontano per riuscire ad empatizzare con lui.
L’unico che lo vede, e a cui permette di vedere, oltre la maschera del ricco ereditiero è Alfred, una specie di nonno putativo, che lo vizia nelle sue scelte anziché spingerlo a diventare più compassionevole verso se stesso.
Batman rappresenta tutto il mondo umano contemporaneo: la volontà di voler apparire come “il migliore” nascondendo le proprie paure e la voglia di essere accudito, vittima delle sue stesse doverizzazioni.
Nei suoi rapporti con donne bellissime c’è la ricerca di quell’accudimento mai appagato, ed è proprio la mancanza di accudimento che genera la sua rabbia. Dietro la rabbia per le ingiustizie dei villans che impongono i loro crimini di cui egli stesso ne è vittima, si nasconde la profonda tristezza di un uomo che vuole solo essere amato.
La sua è rabbia d’accudimento: la forza contro i nemici deriva proprio da quel vuoto che lo spinge contro le regole, a diventare esso stesso un fuorilegge, in bilico su quella linea sottile tra giusto e sbagliato.
Proprio l’essere intrappolato in cicli disfunzionali tra false credenze e antiscopi, lo allontanano sempre di più dal raggiungimento del suo scopo: essere accettato.
Lui si immola per Gotham City, diventando il cavaliere oscuro, spesso gli stessi cittadini lo accusano di essere il male per la città, ma lui vuol comunque morire per lei.
Ogni sera, in ogni battaglia vuole immolarsi per quell’amore che sente di meritare ma che ha troppa paura a chiedere.
Tutto quello che gli “basterebbe” fare è riconoscersi per uscire dai suoi schemi patogeni, abbracciare quel bambino e allungare la mano per chiedere aiuto, per avvicinarsi e lasciarsi amare.
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