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Gastrite, colon irritabile, gonfiore addominale, dolore allo stomaco, reflusso gastroesofageo, colite spastica, ulcera peptica, senso di nausea continuo associato o meno al vomito, fastidio in sede di intestino, episodi di diarrea o, al contrario, stipsi sono alcuni dei sintomi psicosomatici più comuni associato all’ansia e alla depressione..

Immaginatevi di stare su una spiaggia tranquilli. I gabbiani che volano, le onde del mare sul bagnasciuga ed un leone che vi guarda. Si un leone che vi guarda, come vi sentiresti in quel momento?

Sicuramente ci saranno tante risposte ma la più comune sarà la paura o per meglio dire: ANSIA.

Ma che ci fa un leone sulla spiaggia mentre io prendo il sole? Beh quello che fa un l’ansia mentre siamo al supermercato, al bar con un amico o a lavoro mentre facciamo una fotocopia… semplicemente ci spaventa.

L’ansia è sicuramente la word trend più ricercata tra le patologie psicologiche negli ultimi anni e rappresenta una dell’emozioni che richiama più l’attenzione. 

È un’emozione innata e fa parte della natura umana fin dagli albori dell’uomo. In termini filogenetici, l’ansia, ha permesso all’uomo di evolversi nelle varie ere rappresentando la risposta privilegiata del nostro organismo quando avverte un pericolo.

Così, quando i nostri antenati si trovavano di fronte ad un pericolo (il nostro leone sulla spiaggia), i cambiamenti del loro corpo (dilatazione delle pupille, irrigidimento dei muscoli, iperacusia, etc.) li preparavano all’attacco o alla fuga. 

Oggigiorno i pericoli sono cambiati ma la nostra risposta ad essi persiste.

Nella pratica clinica, quello che mi piace ricordare ai miei pazienti per spiegare l’ansia è mostrarla da un punto di vista evoluzionistico: “se l’ansia non fosse stata utile sarebbe sparita nello scorrere del tempo come la nostra coda, beh quindi se è rimasta a qualcosa servirà, no?”. 

Beh, forse questa spiegazione non è molto rassicurante per chi soffre d’ansia ma almeno ci spinge a pensarla come una cosa normale.

Se facciamo un sondaggio chi può dire di non aver mai provato ansia rispetto ad un evento? Perché in quel caso non parliamo di patologia?

Quando l’ansia è moderata essa può addirittura essere utile perché ci allerta di fronte a una situazione difficile (potenziale minaccia) permettendoci di reagire in maniera celere. 

Parliamo di ansia patologica, quando appunta essa si attiva senza un’apparente motivo. Quando niente intorno a noi sembra indicare una reale minaccia. 

L’ansia si manifesta diversamente da persona a persona, ma in genere le sue caratteristiche sono:

  • pensieri ansiosi (mi prenderanno in giro, non ce la farò, mi sentirò male…)
  • emozioni ansiose (ansia, paura, preoccupazione)
  • sensazioni corporee alterate (tachicardia, respirazione veloce, sudorazione profusa, sensazioni di svenimento, rigidità muscolare, movimento intestinale…)
  • comportamenti alterati (evitamento di situazioni temute, insonnia, aumento/diminuzione appetito…).

Tra tutte, le attivazioni somatiche sono sicuramente quelle che percepiamo per prima e che più ci spaventano e, solitamente, sono il motivo per cui si chiede aiuto o si iniziano vari consulti medici al fine di individuare quel qualcosa “che non va” nel proprio corpo: “Che mi sta succedendo? Mi sta venendo un infarto? Ho problemi di respirazione? Perché ho continuamente questo mal di pancia”

Già Darwin, nel testo “The expression of Emotions in Man and Animals”, sottolineò quanto fosse importante la comunicazione bidirezionale tra cuore e cervello gestita dal nervo “pneumogastrico” (quello che oggi noi chiamiamo nervo vago).

Rivoluzionaria, altresì, è stata a teoria polivagale di Porges che ha messo in luce come il nervo vago sia costituito da una famiglia di nervi: il ramo dorsovagale e il ramo ventrovagale, a sua volta suddiviso in due componenti, una componente viscero motoria, che regola le viscere al di sopra del diaframma (cuore e respiro), e una componente somatomotoria, che regola i muscoli del collo, della faccia e della testa.

Tale teoria ha fornito un modello neurobiologico di base su come il comportamento sociale possa regolare l’attività fisiologica proponendo una spiegazione a differenti profili psichiatrici.

Importante a tal fine è stato il lavoro di Konturek che ha sottolineato l’interconnessione tra i due “cervelli”: Big Brain (encefalo) e Little Brain (intestino).

Nella pareti dell’intestino si trovano due strati sottilissimi di un sistema nervoso complesso (secondo per grandezza dopo quello della testa) che avvolgono tutto il tratto digerente al fine di coordinare i movimenti del “riflesso peristaltico” che fa avanzare il cibo nell’intestino e di passare informazioni alla testa inviando più segnali al encefalo di quanti non ne riceva da esso. 

Tale rete, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni, pertanto anch’esso può ammalarsi, soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi.

Chi soffrirebbe di alterazioni a carico gastrointestinale (colon irritabile, gastriti etc.) svilupperebbe una maggiore ipersensibilità intestinale abbassando la soglia di tolleranza e avvertirebbe ogni movimento (molto simile a quello che avviene con i depressi e gli ansiosi) permettendo al “secondo cervello” la possibilità di influenzare le nostre decisione (pensiamo a quando sentiamo l’ansia verso un animale o una situazione nello stomaco e siamo spinti ad allontanarci da esso).

L’intestino, inoltre,  produce il 95% della serotonina, “l’ormone della felicità” facile dedurre quanto sia importante anche nelle nuove cure per la depressione e l’ansia.

La maggior parte dei pazienti ansiosi o depressi, infatti, evidenziano alterazioni dell’umore a difficoltà gastroenteriche. 

Recenti studi sottolineano l’importanza di tener in forma l’intestino per la nostra salute (fisica e mentale) tramite un’apposita dieta a causa della sua estrema suscettibilità. 

Senza doverci sostituire a nutrizionisti e/o dietologi, qualche regola, al fine di contribuire alla riduzione delle malattie psicosomatiche, la possiamo seguire:

  • preferite consumare di alimenti fermentati ricchi di batteri probiotici che ripristinano la flora batterica intestinale;
  • ridurre l’apporto di glutine;
  • consuma cibi ricchi di fibre;
  • ridurre consumo di zuccheri raffinati e di alimenti e bevande zuccherati;
  • consumare alimenti ricchi di triptofano (una sostanza favorire la stimolazione della serotonina);
  • idratarsi.

Risulta emblematico il titolo che Van Der Kolck ha voluto dare al suo libro (il corpo accusa il colpo).

Il nostro corpo è la sede delle nostre emozioni, dei nostri pensieri e ancor più dei nostri affanni. 

Lui prova a comunicare con noi continuamente, attraverso il battito del cuore, un brivido sulla pelle, il rossore sulle guance, a noi non ci resta che ascoltarlo!

American Psychiatric Association, Ed. it. Massimo Biondi (a cura di), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014. ISBN 978-88-6030-661-6

Darwin, C. R. 1872. The expression of the emotions in man and animals. London: John Murray. 1st edition.

Grover M & Drossman DA (2008) Psychotropic agents in functional gastrointestinal disorders. Curr Opin Pharmacol. 8(6): 715-23.

Keshteli AH et al (2017). Risk factors of bloating and its association with common gastrointestinal disorders in a sample of Iranian adults. Turk J Gastroenterol. [Epub ahead of print].

Konturek PC et al (2011) Stress and the gut: pathophysiology, clinical consequences, diagnostic approach and treatment options. 2011 Dec;62(6):591-9.

McLeay SC et al (2017). Physical comorbidities of post-traumatic stress disorder in Australian Vietnam War veterans. Med J Aust. 206(6): 251-257.

Porges, S.W. (2014). La Teoria Polivagale: fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione. Giovanni Fioriti  Editore.

Van der Kolk, B.A., (2014) The Body Keeps the Score: Brain, Mind, and Body in the Healing of Trauma. Viking Press, 2014.