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Tutto il giorno fuori casa, a pranzo un panino al volo e adesso… non ci vedo più dalla fame!

Quante volte sarà capitato anche a noi di correre tutto il giorno e la sera tornando a casa avere una gran fame e la voglia di divorare tutto quello che era commestibile.

Beh forse proprio la fiesta non sarebbe bastata in quel momento… almeno per me.

L’Italia è sicuramente il paese del mondo che vanta la più grande varietà culinaria (lasciatemi essere patriota almeno sul cibo): dalla Sicilia al Trentino passando per il Piemonte e la Sardegna e arrivando in Emilia per non dimenticare la mia splendida Campania; certamente non siamo un paese che non ha una identità alimentare. 

Ma al tempo dei vari Mac Donald, KFC, Pizza Hut, Starbucks, Subway e Dunkin’ Donuts cosa preferiamo? Sappiamo davvero ciò che mangiamo? Da dove proviene? 

Lungi da me scrivere un articolo sulla corretta alimentazione o contro le multinazionali alimentari, non è certo questo il caso ne tanto meno ne sarei capace, ma più precisamente quando abbiamo smesso di chiederci quello che stiamo masticando ingozzandoci e rimpinzandoci come tacchini il giorno del Thanksgiving?

Dalle star di Hollywood alla mia vicino di casa ricorriamo alle diete più veloci, più estreme per perdere quei chili messi con così tanta facilità ma il problema qual è?

È semplicemente la quantità di cibo che ingeriamo? Il suo eccessivo apporto calorico? La sua bassa qualità o c’entra in qualche modo anche come mangiamo?

Non volendomi inimicare nessuno, assolutamente penso siano tutte vere ma avete mai pensato che spesso non pensiamo a COME mangiamo? 

Antonella Clerici nel suo programma “La prova del Cuoco” ripeteva che se la tv avesse potuto trasmettere l’odore dei piatti dei concorrenti avrebbe fatto quotidianamente il massimo dello share. Ma davvero il nostro futuro sarò come quello di Mike TV (n.d.r. Willy Wonka e Fabbrica del Cioccolato)? Ci basterà allungare la mano è prendere la tavoletta di cioccolato?

Tempo fa ero a lavoro, e come spesso capita mangiai un panino mentre provavo a sistemare le cose in ufficio per il proseguo della giornata lavorativa, poi entra la collega che mi chiede: “com è il panino?” Ed io mi fermai almeno 7/8 secondi a chiedermi come fosse in realtà perché stavo mangiando ma non lo stavo gustando, io non sapevo quello che stavo mangiando.

Quello che avevo messo in atto era il mio “pilota automatico”, la mia mente era impegnata in altre attività e rilevò come “secondari” quella del gusto. Da quel giorno provai a fare un pò più attenzione a quello che mangiavo. Cercai di aumentare la mia consapevolezza, con estrema difficoltà, al cibo; iniziai a praticare la Mindulful Eating.

Mangiare in modo mindful è un modo per nutrire il corpo e la mente.

La Mindful Eating si propone di sviluppare attraverso una serie di esercizi il contatto con noi stessi, aumentando la consapevolezza del qui ed ora, dei bisogni legati al cibo e del modo in cui stiamo e percepiamo noi stessi mentre mangiamo.

Avete mai pensato all’espressione “far venire l’acquolina in bocca”? 

Non sembra una frase Mindful, ma se ci pensiamo bene ci invita ad esplorare cosa stiamo mangiando non solamente usando il gusto.

Ci suggerisce di iniziare a prestare attenzione a cosa accade dentro di noi quando vediamo il cibo con i nostri occhi, la sua forma, le dimensioni; di sentire sotto le dita le qualità tattili di cosa stiamo per mangiare; sentire il rumore del cibo che scrocchia sotto i nostri denti, di annusare in un respiro profondo il profumo di quello che ci prepariamo a gustare iniziando a preparare le nostre papille gustative.

Iniziare a mostrare attenzione a come mangiamo è il primo passo del programma di Mindul Eating, successivamente il percorso ci porta a prestare attenzione alla distinzione tra sazietà e pienezza; iniziamo a prendere coscienza che la sazietà dipende dalla qualità dei nutrienti e dalla quantità di materia presente nel nostro stomaco, differenziando tra sazietà e pienezza. 

Tale approccio ha l’obiettivo di guidarci soprattutto alla scelta del cibo per il nostro tipo di fame, non scegliendolo unicamente per la sua facile disponibilità.

Quello a cui sto alludendo è che ci capitare di mangiare, sempre più spesso, non per fame, ma in risposta a sentimenti, condizioni di stress ed emozioni (Emotional Eating, perdita di controllo per cui non è più il corpo a dettare cosa e quanto mangiare, bensì le emozioni vissute in quel momento).

Tale substrato emotivo (tristezza, rabbia, senso di vuoto) ci perpetuano in cicli disfunzioni che sono poi i trigger dei disturbi alimentari, tra i quali il Binge Eating Disorder. Chi ne soffre, infatti, si sente incapace di gestire le emozioni negative con strumenti diversi dal cibo, preferendo una soddisfazione immediata.

Nella mia pratica clinica, i pazienti con disturbi alimentari mi riportano spesso di aver difficoltà a ricordare cosa hanno mangiato (o evitato di mangiare per gli anoressici) durante un’abbuffata. Perché il problema non è tanto mangiare ma è riempire, attutire quell’emozione. L’abbuffata sembrerebbe compiersi in uno stato simil-dissociativo; il soggetto si allontanerebbe, seppure temporaneamente, dalle difficoltà della vita che lo affliggono.

Solitamente, infatti, invito i paziente a fare un diario alimentare per aumentare la consapevolezza dei stati emotivi e ciò che scopro sempre più spesso e che mangiano anche cibi che in altre circostanze non preferiscono. 

Allora cosa possiamo fare noi nella nostra quotidiana attività per aumentare la nostra consapevolezza e attuare un piccolo programma di Mindful Eating?

Innanzitutto bisogna imparare a osservare iniziando a riprendere contatto con i nostri sensi. Incominciare scegliendo, preparando e consumando con maggiore consapevolezza ciò che mangiamo:

  • inizia a mangiare utilizzando i sensi ancor prima di prepararli;
  • impara a scegliere e cucinare dei cibi sani e nutrienti;
  • fai attenzione ai colori, gli odori, i sapori, i suoni e alla consistenza del cibo (usa i cinque sensi);
  • mangia lentamente, percepisci al palato le consistenze, le temperature e il gusto degli alimenti;
  • ascolta i segnali che il tuo corpo ti invia e che ti suggerisce che sei sazio;
  • stai nel momento presente e fai attenzione al dove sei (qui e ora).

Per quanto, per mia stessa ammissione, questo sembra complicato vi assicuro che dopo un pò di pratica tutto sembrerà così naturale. 

Se ci pensate bene, i nostri antenati erano molti accorti a quello che mangiavano per non incorrere in cibi pericolosi, di conseguenza la nostra mente ne mantiene memoria. 

Quindi semplicemente fermatevi, cucinatevi qualcosa e preparatevi a gustarlo!

Bon Appétit

Bibliografia

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  • Todisco, P., & Vinai, P. (2007) Quando le emozioni diventano cibo. Psicoterapia cognitiva del Binge Eating Disorder. Edizioni libreria Cortina, Milano.